Genzini: Come ti sei avvicinato alla musica ed in particolare ad uno strumento così affascinante come il violino?
 
De Lorenzi: Nella mia famiglia nessuno era musicista, mi sono avvicinato alla musica perché mio padre, che di professione faceva il Neurologo,era un grande appassionato e conoscitore di musica classica. Si ascoltava dunque molta musica e fin da piccolo assistevo ai concerti della stagione concertistica del Teatro Ponchielli di Cremona, con diverse puntate al Teatro alla Scala e una incursione al Festival di Salisburgo dove all’età di nove anni ebbi la fortuna di vedere Karajan dirigere. All’età di dieci anni sono arrivato a conoscere un vasto repertorio di musica sia cameristica che sinfonica e operistica. Mi sono avvicinato al violino quasi per caso: a otto anni decisi di studiare uno strumento e in prima battuta pensai di cominciare col pianoforte ma nella Scuola Civica “Monteverdi” di Cremona non c’erano posti allora mi “dirottarono” sul violino. La scelta fu senza dubbio azzeccata anche se non ho mai abbandonato il pianoforte che studio ancora adesso.
 
Genzini: Quali sono state le tappe fondamentali della tua crescita artistica?
 
De Lorenzi: Aver potuto ascoltare dal vivo violinisti come Grumiaux, Szering, Kremer, Zuckerman, Mutter, Vengerov, Mintz, Ughi, Krylov (con gli ultimi quattro ho suonato in orchestra quando facevano i solisti) e direttori quali Bohm, il sopracitato Karajan e poi Kleiber, Sawallisch, Solti, Wand, Davis. Cito inoltre Rostropovitch, Muti, Mehta, Pretre, Temirkanov e Santi perché ho avuto la fortuna di suonare sotto la loro bacchetta. Un posto a parte spetta a Lorin Maazel col quale ho suonato in più di centocinquanta concerti in tutto il mondo, anche a New York insieme alla Filarmonica di quella città, quando ne era direttore stabile. Sotto di lui, che era anche violinista, ho avuto modo di imparare tantissime cose, sia dal punto di vista strettamente tecnico che prettamente musicale. Voglio anche ricordare come determinante per la mia formazione cameristica il periodo passato alla Scuola di Musica di Fiesole e gli insegnamenti del maestro col quale mi sono diplomato, Ernesto Schiavi. L’ insegnamento in Conservatorio inoltre è per me costante motivo di crescita artistica, per il continuo accumulo di esperienza e per il conseguente arricchimento professionale ed umano.
 
Genzini: A quali progetti stai lavorando?
 
De Lorenzi: Oltre all’attività cameristica in costante espansione e tra le prime parti di diverse orchestre, ho intrapreso qualche anno fa gli studi di Composizione e ho intensificato quelli di pianoforte, ambedue finalizzati allo studio della Direzione d’orchestra: una cosa che volevo fare tanti anni fa ma che ho deciso di fare solo ora solo con approfondite conoscenze musicali; sono infatti troppe le persone che cercano scorciatoie: io ripeto sempre che dirigere è la cosa più facile da realizzare malamente e la più difficile da fare bene. Nella mia vita ho suonato con i più grandi direttori ma ne ho visti anche di mediocri. In passato mi è capitato di suonare come primo violino senza direttore e dunque di “dirigere” dal mio leggio, come facevano i konzertmeister fino alla metà del diciannovesimo secolo.
 
Genzini: Quali caratteristiche deve avere per te il suono ideale del violino?
 
De Lorenzi: Ho avuto la fortuna di suonare nella mia vita una quindicina di Stradivari oltre che alcuni Amati e Guarneri: difficile dire quale sia il suono ideale del violino anche perché è una cosa molto soggettiva. Ad ogni modo, il violino ideale è innanzitutto quello che sopporta le maggiori sollecitazioni senza cedere e allo stesso tempo rimane sensibile al solo sfioramento delle corde. Sono due caratteristiche in contrasto fra di loro e per questo è rara la loro coesistenza. Il “Cremonese 1715” ora custodito al Museo del Violino per esempio le possiede ambedue al massimo grado. Passando alle caratteristiche del suono io prediligo i violini dal timbro tendente al chiaro, anche se una voce scura è sempre affascinante e adatta anche per un secondo violino di un quartetto.
 
Genzini: Quali consigli ti senti di dare ai giovani violinisti?
 
De Lorenzi: Per un giovane violinista che vuole intraprendere un percorso didattico serio penso sia fondamentale imparare da subito a studiare nel modo più proficuo: per questo deve essere guidato da persone responsabili che gli rivelino il giusto percorso. Ho visto troppe volte giovani talentuosi sprecare le proprie doti con uno studio organizzato malamente e trovarsi successivamente in difficoltà nel tentativo di fare un po’ di ordine. Inoltre è fondamentale la struttura nella quale si studia: deve essere una istituzione dinamica e vivace, con una intensa attività di produzione artistica e con un corpo docente selezionato secondo criteri trasparenti e onesti.